Violenza di genere e discriminazioni: nel giorno della Festa, ecco le cose che possono fare i Comuni

Violenza di genere e discriminazioni: nel giorno della Festa, ecco le cose che possono fare i Comuni

La violenza di genere, la violenza contro le donne, è uno di quei campi in cui le leggi ci sono – sebbene, siano perfettibili – ma a mancare è spesso la corretta e tempestiva applicazione delle stesse. Le leggi diventano così un pezzo di carta e la violenza contro le donne è diventata in questi ultimi tempi una vera e propria emergenza.
Nel 2019 è entrato anche in vigore il cosiddetto Codice Rosso, un insieme di misure volte ad accelerare i procedimenti penali, che ha inasprito le pene in caso di violenza di genere e che ha introdotto quattro nuovi reati: 1) la “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate”, 2) la “deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso”, 3) la “costrizione o induzione al matrimonio” e 4) la “violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”.

Nello specifico poi il Codice Rosso prevede che il magistrato, dopo essere stato tempestivamente informato della denuncia, ascolti la donna che ha sporto denuncia entro tre giorni.
Proprio questa misura è stata tra le più criticate del Codice Rosso. Ecco il primo punto su cui bisognerebbe intervenire: i tre giorni di tempo costituiscono un margine pericoloso perché non è detto che la donna sia in sicurezza.
Inoltre, secondo punto, c’è spesso una sottovalutazione della situazione e di ciò che dovrebbe essere necessario fare. Perché al marito o al compagno violento che viene allontanato non viene applicato un braccialetto elettronico per impedire che si avvicini e continui nelle violenze?
Ma guai a pensare che la violenza contro le donne sia solo quella fisica perché grave, gravissima è la discriminazione contro di esse.  Discriminazione e violenza contro le donne sono fenomeni legati tra di loro e fanno parte di un sistema, rappresentano strumenti di oppressione e controllo. E c’è un legame molto forte tra violenza e discriminazione. Il nostro ruolo di amministratori pubblici è quello di creare le condizioni affinché venga interrotto il circuito della discriminazione di genere, anzi il nostro ruolo è quello di valorizzare la differenza.

Recenti statistiche hanno fatto venire alla luce, con la forza dei numeri, una discriminazione davvero odiosa che percepivamo per la verità anche prima. Un ragazzo e una ragazza che hanno lo stesso lavoro nello stesso ambiente guadagnano in modo differente. Le disparità retributive tra uomini e donne nel panorama italiano sono riscontrabili fin dall’ingresso in età giovanile nel mercato e permangono (accentuandosi) durante le fasi centrali del percorso professionale, quando per le donne è più difficile conciliare vita professionale e vita personale. Le differenze retributive, a parità di inquadramento, sono più marcate nel settore privato rispetto a quanto accade nel settore pubblico, ma ci sono anche nella pubblica amministrazione dove le donne sono discriminate soprattutto nell’assumere posizioni di vertice.

Infine, c’è la discriminazione indotta dalla mancanza di welfare che si traduce in minori opportunità per le donne di fare carriera perché si devono occupare della famiglia.
Nel pubblico e nel privato la maternità continua ad essere percepita come un onere, un fastidio per le aziende: le donne si sentono costrette a dover scegliere tra figli e ambizioni professionali. Non è un caso che gli stessi congedi parentali previsti dalla legge 53/00 siano stati utilizzati quasi esclusivamente dalle madri. La cura dei figli piccoli rimane in gran parte esclusiva delle madri, la presenza di figli in età pre-scolare allarga il gap nelle ore lavorate tra uomini e donne.
Occorre quindi creare, a partire dai Comuni e dalla Pubblica amministrazione, un ambiente favorevole all’occupazione femminile.
Come Sindaci e come Anci Campania, che rappresento da Segretario generale, stiamo facendo alcune cose concrete.
In primo luogo l’applicazione della Convenzione di Istanbul, da adottare in tutti i Comuni della nostra regione.
Poi crediamo che nei Comuni, a partire da quello di Gragnano, bisogna intensificare percorsi di formazione e sensibilizzazione sulle politiche di Pari Opportunità. Poi dobbiamo lavorare per fornire servizi adeguati, a sostegno dell’infanzia, dell’adolescenza e della terza età, e garantire alle donne maggiore sicurezza per quanto attiene alla mobilità, all’uso dei servizi pubblici e all’illuminazione delle nostre strade. E ancora: come Comuni e Ambito Sociali dobbiamo promuovere, favorire e sostenere i Centri Antiviolenza, le Case Rifugio e le reti di sostegno alle donne. Poi definire le azioni per la parità e contro la violenza di genere nell’ambito della programmazione di tutti gli assessorati, già in sede di bilancio preventivo.
Infine occorre impegnarsi ad attuare politiche lavorative a favore delle donne che promuovano piani di azioni positive sia interni alle amministrazioni, sia nell’ambito delle società partecipate e controllate dalle amministrazioni stesse.
C’è molto da fare in Italia e in Campania, la battaglia non è vinta, anzi è appena all’inizio. Si è visto che l’equità organizzativa può produrre effetti rilevanti nella qualità e nel funzionamento di un Comune e a cascata sul benessere di cittadini.  Quindi è su questo che dobbiamo battere.

Aniello D’Auria
Segretario Generale Anci Campania
Sindaco di Gragnano

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