Economia e Salute sono indiscutibilmente i pilastri portanti del benessere di un Paese. Nel 2022 l’economia mondiale è cresciuta del 3,5% e l’inflazione ha raggiunto valori che non si vedevano da quarant’anni: 9% a livello globale e 7% nei paesi avanzati. Negli Stati Uniti i prezzi sono lievitati per via della impetuosa crescita dei consumi; in Europa invece a causa dell’impennata dei prezzi energetici. Sebbene l’inflazione sia in flessione, le previsioni di crescita dell’economia mondiale restano incerte. Incertezza dovuta al persistere del conflitto in Ucraina e alla ripresa dell’economia cinese.
In un tale contesto, il nostro Paese ha conseguito – e sta conseguendo – buoni risultati. Nel 2022 la nostra economia è cresciuta del 3,7% e nel primo trimestre 2023 è andata ben oltre le previsioni. E’ quanto emerge dalla relazione annuale di Banca d’Italia. Una rinnovata vitalità del sistema economico del bel Paese che ha comportato una robusta espansione delle esportazioni e una significativa accumulazione di capitali. Tuttavia, lo scenario futuro è incerto e ricco d’insidie. La qualità e la capacità dell’intero sistema economico italiano dovranno confrontarsi con due fenomeni fortemente impattanti: il debito pubblico e il rapido invecchiamento della popolazione attiva.
Il rapporto Debito- PIL nel 2007 era poco più del 100%, per poi lievitare al 135% nel 2019, esplodere di 20 punti nel 2020 – a causa della pandemia – e attestarsi al 144% nel 2022. Giova ricordare che un alto debito impone di destinare una quota significativa delle entrate pubbliche al pagamento degli interessi invece che a impieghi produttivi. Ne consegueun problema di equità tra le generazioni e di scetticismo negli operatori economici, oltre che una pericolosa vulnerabilità del Paese alle dinamiche avverse dei mercati. La riduzione del debito pubblico è dunque nodale per la stabilità dell’economia italiana. Il secondo tema è quello del rapido invecchiamento della popolazione.
Negli ultimi 3 anni il numero degli italiani in età lavorativa (15-64 anni) è diminuito di circa 800 mila unità. In base alle proiezioni demografiche dell’ISTAT, entro il 2024, la popolazione residente in Italia in età lavorativa dovrebbe calare di oltre 6 milioni e in modo particolare nel Mezzogiorno.
Pertanto, oltre al necessario potenziamento dell’impiego di giovani e donne – la cui occupazione nel Mezzogiorno è la più bassa d’Europa – bisognerà necessariamente agire sul miglioramento delle condizioni di vita e di salute. Pertanto, si rendono necessarie risorse adeguate ai bisogni effettivi di salute delle popolazioni soprattutto delle Regioni del Sud, storicamente penalizzate in sede di riparto.
Il Direttore Scientifico e Responsabile del Dipartimento Salute ANCI Campania
Antonio Salvatore
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