Esenzione Imu per gli immobili rurali, la Cassazione: ciò che conta è l'attribuzione catastale

Esenzione Imu per gli immobili rurali, la Cassazione: ciò che conta è l'attribuzione catastale

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12030/2020 è intervenuta ancora una volta in materia di esenzioni IMU relativamente ai fabbricati rurali con attribuzione catastale A/6 o D/10. I Giudici Supremi, avallando il precedente orientamento in materia, hanno confermato il principio secondo cui ai fini della fruizione della esenzione per gli immobili classificati come “rurali” ciò che rileva è il dato oggettivo dell’accatastamento alla relativa categoria.
L’art. 13, DL 201/2011, norma di anticipazione in via sperimentale dell’imposta municipale unica (IMU), al comma 8, aveva originariamente previsto che, relativamente ai fabbricati rurali di uso strumentale di cui all’art. 9, comma 3-bis, DL 557/1993, per l’applicazione dell’imposta, l’aliquota fosse ridotta allo 0,2%. Il citato articolo 9, comma 3-bis, attribuisce carattere di ruralità, ai fini fiscali, alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola a norma dell’art. 2135 c.c.
Con l’intervento della c.d. “Legge di Stabilità” 2014, L. 147/2013, al comma 708 dell’art. 1, è stata però prevista la totale esenzione dal pagamento per i fabbricati dotati di requisiti di ruralità, introducendo così una nuova fattispecie di esenzione.
Quest’ultima è stata oggetto di numerose pronunce della Corte di Cassazione, che da più di un decennio non ha mutato orientamento sulla questione ai fini dell’applicazione della stessa. I Giudici Supremi hanno infatti da tempo ritenuto che, ai fini della dimostrazione della ruralità, per la fruizione dell’esenzione, ciò che rileva è l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10) (Cass. 18565/2009 e Cass. n.8845/2010). Con la recentissima pronuncia n. 12303/2020, del 23.06.2020, la V sez. della Corte di Cassazione, è tornata sul tema ed ha affermato che: «L’orientamento in parola si pone in linea di continuità con il precedente, espresso fra le tante con le sentenze n. 18565/2009 e n. 8845/2010 che hanno sottolineato la “ininfluenza dello svolgimento o meno, nel fabbricato, di attività dirette alla manipolazione di prodotti agricoli rilevando solo il suo classamento”. Si può dunque affermare che ciò che conta, ai fini della esenzione prevista dalla normativa è il dato oggettivo dell’accatastamento, essendo sufficiente, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili ai sensi dell’art. 9, comma 3-bis, DL 557/1993, che i soggetti interessati abbiano presentato, all’Agenzia del Territorio, una domanda di attribuzione e/o variazione di categoria catastale, per l’attribuzione della categoria A/6 o D/10 (art. 7, co. 2-bis, DL 70/2011). In presenza di classamento catastale attestante la ruralità dell’immobile è poi onere del Comune dimostrare la insussistenza di tale requisito. La procedura di classamento degli immobili e della attribuzione della rendita catastale è infatti di esclusiva competenza dell’Agenzia del Territorio, mentre è competenza del Comune, il computo e l’applicazione dell’imposta, con pregiudizialità della prima rispetto alla seconda. La Cassazione ha anche stabilito che in presenza di una certificazione catastale attestante la ruralità dell’immobile che comporta l’esenzione dall’ICI e che qualora un fabbricato sia catastalmente classificato come “rurale” resta precluso ogni accertamento in funzione della pretesa assoggettabilità all’ICI del fabbricato in questione, che non sia connesso ad una specifica impugnazione della classificazione catastale riconosciuta nei confronti della Amministrazione competente (Agenzia del Territorio)»(Cass. 8845/2009).
In sintesi, il Comune è l’ente impositore che determina l’ammontare dell’imposta ed è legittimato alla pretesa nei confronti del contribuente, ma non può procedere alla verifica della sussistenza dei requisiti di ruralità dell’immobile, essendo tale valutazione di esclusiva competenza dell’Agenzia del Territorio. Ai fini impositivi il Comune deve, dunque, attenersi a quanto autodichiarato dal contribuente. Diversamente, il Comune, qualora volesse assoggettare ad ICI (oggi IMU) un immobile classificato catastalmente come “rurale”, per far valere la propria pretesa, deve necessariamente impugnare l’attribuzione catastale vigente che tale assoggettamento esclude e dimostrare l’assenza dei requisiti di ruralità, assolvendo all’onere della prova, ex art. 2697 c.c., tramite idonea documentazione che provi la mancanza dei requisiti ex art. 9 comma 3-bis DL. 557/1993 che comportano l’esenzione dall’imposizione IMU.


Antonia Maria Cuccurullo

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