L’incremento dell’indennità disposto per i sindaci dei Comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti da parte della manovra 2020 non produce effetto su assessori e consiglieri, anche se l’indennità di questi ultimi è quantificata in proporzione all’emolumento dei sindaci (Dm 119/2000).
A stabilirlo è la Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti per la Lombardia (deliberazione n. 67/2020), chiamata da un Comune a chiarire alcuni dubbi sul provvedimento di aumento dell’indennità dei sindaci dei municipi fino a 3mila abitanti, fino al limite dell’85% di quella spettante ai primi Cittadini dei comuni con popolazione fino a 5mila abitanti (Dl 124/2019). Pur evidenziando un problema di coordinamento, la magistratura contabile sottolinea che la novità si applica solo ai sindaci dei Comuni fino a 3.000 abitanti, come emerge dai lavori preparatori del provvedimento, nei quali è indicato che «andrebbe dunque valutata l’opportunità di specificare se la disposizione in esame è destinata a riverberarsi anche sulla determinazione dell’indennità degli altri amministratori locali, alla luce di quanto previsto dall’articolo 82 del TUEL».
Consequenzialmente, per i giudici contabili, deve escludersi la possibilità di una sorta di estensione tout court dell’incremento alle indennità degli altri amministratori, nonostante il meccanismo del Dm 119/2000. A rafforzare la conclusione rileva poi il rigore interpretativo sotteso all’applicazione delle norme in tema di costi della rappresentanza politica. Peraltro, incidono anche le precedenti soluzioni adottate in via legislativa che, dove necessario, hanno operato in modo esplicito (è avvenuto per il riconoscimento dell’indennità a favore dei presidenti delle Province). Ancora, agisce nella stessa direzione la formulazione del Dm 119/2000 secondo la quale «Le parametrazioni percentuali disposte nel presente decreto si riferiscono in ogni caso agli importi delle indennità di funzione del sindaco e del presidente della provincia determinati sempre ai sensi del presente decreto, senza tener conto dell’indennità in concreto fissata, in eventuale aumento o riduzione», tra cui potrebbe rientrare proprio il caso di aumento dell’indennità disposto con la norma in esame. La pronuncia chiarisce pure che l’incremento non opera ex lege ma richiede l’espressione di una scelta decisionale rimessa all’ente, rispetto al «tetto massimo» fissato dal legislatore. L’incremento decorrerà a partire dalla data di esecutività dell’atto deliberativo. Conferma tale interpretazione anche la configurazione del contributo statale, quale concorso alla copertura del maggiore onere sostenuto dai comuni per l’incremento stabilito. Infine, nell’aumento in esame non scatta il principio di invarianza della spesa stabilito dal comma 136 della legge 56/2014, finalizzato alla neutralizzazione di un possibile incremento di spesa legato alle modifiche al numero dei consiglieri e degli assessori. Esso riguarda infatti soltanto gli oneri connessi all’espletamento delle attività relative allo status di amministratore locale (tra cui i gettoni di presenza dei consiglieri), che vanno determinati secondo il criterio della spesa storica.