Le rassicurazioni di Giancarlo Giorgetti sull’assenza di nuovi tagli aiuta, ma non cancella le preoccupazioni di sindaci e presidenti di province e regioni in vista della legge di bilancio. E nelle loro audizioni in parlamento i sindaci hanno lanciato un coro: no a nuove compressioni della spesa corrente, perché non le reggiamo. Regioni, Province e Comuni lo dicono quasi con le stesse parole: con l’obbligo di pareggio di bilancio abbiamo ridotto spesa e debito locale, spiegano in sintesi, ora siamo all’osso e anzi servirebbero fondi aggiuntivi. Le Regioni le chiedono in particolare per la spesa sanitaria, dove l’attuale 6,4% del Pil «è un punto di partenza e non di arrivo», e per il trasporto locale. E quantificano in 1,4 miliardi la perdita di gettito che si avrebbe con l’addizionale a tre aliquote, spiegando nei fatti le ragioni per cui l’attuale sistema ibrido, che mantiene a livello locale i vecchi quattro scaglioni, dovrebbe essere confermato almeno anche per il 2025 (Sole 24 Ore del 24 settembre). Dal canto loro i Comuni guardano con allarme l’accantonamento obbligatorio, da sbloccare poi per investimenti ma solo negli anni successivi, che dovrebbe essere introdotto in manovra. Non è un taglio, perché, anche se in un calendario diluito e con nuovi vincoli, il totale delle risorse a disposizione rimarrebbe invariato, ma il colpo ulteriore sulla spesa corrente è sicuro. L’allarme è intenso. Perché gli investimenti continuano a correre, e segnano un altro +30% nei primi nove mesi del 2024 dopo il raddoppio (da 8 a 16 miliardi) fra 2018 e 2023, ma la spesa totale dei Comuni si è ridotta parecchio, come peso effettivo sulle uscite della Pa (dall’8,2% del 2013 al 6,5% attuale) sia in rapporto al Pil (dal 4,1% al 3,6%); e si è alleggerito il debito, dimezzato dal 3% del Pil del 2011 all’1,5% attuale. La cura però non è stata gratis. Perché la rete della spesa corrente, che tradotta in termini pratici significa il finanziamento di asili nido, welfare e servizi locali oltre agli stipendi dei dipendenti, si è fatta sempre più sfilacciata. Con la conseguenza che nell’ottica dei sindaci «qualsiasi manovra di contenimento della spesa e delle risorse disponibili mette a rischio l’erogazione di servizi essenziali». E può determinare effetti «disastrosi» sugli oltre 500 Comuni in crisi finanziaria conclamata, dove vivono circa 8 milioni di italiani. Per questa ragione, i sindaci concentrano le proprie richieste su due aspetti: l’obiettivo fissato dalla legge di bilancio dovrà essere di comparto, senza tradursi in limiti puntuali ente per ente (come del resto accade già oggi per l’obbligo del pareggio), e dovrà escludere a priori i trasferimenti statali vincolati al welfare, gli interessi sul debito, i rifiuti (integralmente finanziati dalla Tari) e gli assegni da girare ai ministeri per rispettare i tagli già in vigore. Tutto, poi, dipende dall’importo complessivo degli accantonamenti che saranno chiesti agli enti locali: ma questo, come gli altri importi della manovra a cui è strettamente collegato, per ora rimane al buio.
CANELLI, PRESIDENTE IFEL ALL’AUDIZIONE – “I dati dell’ultimo decennio dimostrano inequivocabilmente che il nostro comparto ha intrapreso da tempo la traiettoria di contenimento della spesa, richiesta dalla nuova governance europea. Di fatto noi stiamo già praticando ciò che viene richiesto all’Italia dall’Unione Europea. La spesa del comparto dei Comuni sul totale della spesa pubblica è passata dall’8,2% del 2011 al 6,5% attuale e l’indebitamento dal 3% all’1,5%”. Un ulteriore restringimento del perimetro della spesa sulla parte corrente dei bilanci diventerebbe insostenibile per tantissimi Comuni già in crisi o in tensione finanziaria. Per questo chiediamo che si valuti l’opzione di fissare un obiettivo generale di comparto, intorno cui orientare la gestione finanziaria locale senza però precostituire ulteriori regole finanziarie, rispetto a quelle sul pareggio di bilancio”. Lo ha affermato Alessandro Canelli, delegato alla Finanza locale, sindaco di Novara e presidente Ifel, in audizione davanti le commissioni Bilancio di Camera dei deputati e Senato riunite, nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare all’esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine. (Leggi documento di audizione).
Canelli ha innanzitutto ricordato come negli ultimi anni “la spesa reale per il comparto dei Comuni è diminuita sensibilmente, a fronte di un aumento dei costi per le forniture e per i servizi”. Nell’ultimo triennio “abbiamo dovuto – ha sottolineato – far fronte ad aumenti nei contratti collettivi nazionali del lavoro, ad aumenti della spesa per il personale a parità di personale che però che si pagano i comuni, l’ultimo da 500 milioni di euro ancora in corso di assorbimento nei bilanci. Abbiamo poi dovuto far fronte a una crescente spesa sociale soprattutto per gestire il fenomeno dei minori e di coloro i quali hanno bisogno di assistenza scolastica specifica perché certificati con diversi tipi di disabilità”.
In questo scenario, “restringere ancora i limiti di spesa sulla parte corrente dei bilanci appare insostenibile, anche perché riparte il meccanismo di perequazione orizzontale che in questi anni – ha spiegato – siamo riusciti a sterilizzare grazie all’utilizzo del rimborso dei 560 milioni di euro del dl 66 del 2014. Un meccanismo che ci ha consentito da una parte di non far perdere risorse ai Comuni più dotati secondo il sistema perequativo, ma di assicurare comunque a quelli più poveri la crescita di risorse necessaria per andare avanti nel meccanismo di superamento della spesa storica”.
Il delegato Anci è tornato poi sull’ipotesi avanzata nel corso dei colloqui tra Anci e il ministro delle Finanze Giorgetti, che ha mostrato sensibilità ai temi sollevati dall’Associazione. “Anche l’ulteriore ipotesi di prevedere un accantonamento sulla parte corrente dei bilanci in modo tale che, una volta accertato che non ci siano necessità sugli equilibri, lo si possa spendere sulla parte investimenti, sarebbe comunque un forte vincolo e non consentirebbe ai Comuni di poter affrontare tante spese e tanti servizi di carattere essenziale”, ha sottolineato Canelli.
Il presidente Ifel ha, invece, ribadito la richiesta di valutare l’opzione di fissare un obiettivo generale di contenimento della spesa a livello di comparto. “Un approccio ‘di comparto’ permetterebbe di evitare vincoli da applicare ai singoli enti locali e di mettere a fuoco le complesse problematiche di trasposizione dei vincoli europei ai contesti territoriali, così da regolare l’eventuale contributo nel caso di mancato rispetto del vincolo generale in modo chirurgico. Si eviterebbe così il rischio di mettere in estrema difficoltà gli enti che già sono in sofferenza, anche perché – ha concluso Canelli – il comparto dei Comuni è composto da un’articolazione di enti, ciascuno con la propria specificità.”
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