Dopo l’approvazione della legge di riforma del Codice della Strada, assessori, progettisti, funzionari tecnici e amministrativi si stanno interrogando sugli effetti che avrà sugli interventi già realizzati, appaltati o progettati, nonché sugli interventi di nuova progettazione. Per rispondere a queste domande, un gruppo di esperti (tra cui il Centro studi FIAB) ha diffuso una guida intitolata “RIFORMA DEL CODICE DELLA STRADA E INTERVENTI CICLABILI AI SENSI DEL D.L. 76/2020: E ADESSO COSA SUCCEDE?” che potete scaricare qui.
È uno strumento operativo di carattere tecnico-legale, che ha un duplice obbiettivo. Da un lato, fornire argomenti agli enti locali per difendere quanto già realizzato e proseguire con gli interventi di infrastrutturazione ciclabile sino a oggi positivamente intrapresi, potendo contare su un apparato solido di elementi tecnici, riferimenti normativi e argomentazioni legali. Dall’altro lato, può servire come riferimento per i decreti legislativi, i regolamenti e decreti ministeriali e le linee guida che daranno attuazione alla revisione del Codice, secondo la delega che il Parlamento ha attribuito al Governo.
“Nonostante i tanti aspetti critici di questa riforma– osserva il Centro Studi FIAB – ci sono ancora degli spazi per i comuni e per i professionisti, per continuare a sviluppare la mobilità ciclistica sul territorio, utilizzando le corsie ciclabili, il doppio senso ciclabile, le zone di attestamento ai semafori, con buon senso ma con determinazione, senza dover aspettare i decreti attuativi”.
Perché il nuovo Codice della strada non aiuta la mobilità in bicicletta
Fin da quando è stata annunciata, la riforma ha di fatto fermato l’applicazione dei nuovi dispositivi introdotti nel 2020: corsie ciclabili, doppio senso ciclabile, case avanzate, le strade urbane ciclabili e le corsie “bus+bici”.
Oltre a un comprensibile e condivisibile obiettivo di riordino dell’apparato normativo con la rimozione dal codice di elementi tecnici che dovrebbero trovare una più appropriata collocazione in atti secondari, la normativa lascia trasparire dal suo articolato, dalle relazioni e dalle discussioni svolte nelle commissioni parlamentari la volontà di restringere e irrigidire le modalità applicative delle fattispecie sopra ricordate.
In sostanza sarà più difficile e costoso per i comuni estendere le reti ciclabili e affrontare concretamente il problema della sicurezza stradale. Come spiega il Centro Studi FIAB, “Corsie ciclabili, doppio senso ciclabile, case avanzate, utilizzo delle corsie bus, sono misure applicate da trent’anni con successo in vari paesi europei. L’esperienza ha insegnato come realizzarli, quali sono i vantaggi e le controindicazioni. Sembra che per il Governo tutto questo non valga nulla”.
Inoltre, le limitazioni all’uso dell’autovelox e alla creazione e mantenimento di Zone a Traffico Limitato e di Zone 30, impediranno di rendere i centri abitati più sicuri per le biciclette (e per tutti gli altri utenti della strada). (tratto da Fiab.it)
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