Autonomia differenziata nella sanità, perché la Campania rischia più di altre regioni

Autonomia differenziata nella sanità, perché la Campania rischia più di altre regioni

La riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 assegna alle Regioni “particolari condizioni di autonomia” in 23 materie tra cui la sanità. Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna – le cui economie regionali trainano quella nazionale – sono tra le principali Regioni che ne chiedono l’attuazione. Una richiesta che origina dalla chiara consapevolezza che i bisogni di salute delle loro popolazioni sono cresciuti notevolmente negli ultimi anni e che la ricchezza del passato di quei territori è solo uno sbiadito ricordo. Una richiesta che, sebbene sia legittima, potrebbe tuttavia causare l’implosione del sistema salute delle Regioni del Centro-Sud con conseguente lacerazione del loro tessuto socio-economico. Giova ricordare che quasi tutte le Regioni del Centro-Sud da anni sono sottoposte ai piani di rientro che hanno depotenziato l’assetto organizzativo dei relativi sistemi sanitari. Le Regioni non in piano di rientro hanno invece irrobustito il loro apparato organizzativo per meglio rispondere alla “globalizzazione sanitaria”.
L’autonomia in questione va dunque collocata nella evidente intenzione di creare un vero e proprio sistema protezionistico regionale orientato alla competizione nazionale e internazionale che coinvolge anche le stesse Regioni del Nord. Non a caso la Lombardia – in passato “regina” per saldi migratori attivi – presenta oggi una significativa migrazione passiva verso altre Regioni del Centro-Nord.Insomma, il fenomeno “autonomiadifferenziata” non ha nulla a che vedere con la retorica “questione meridionale”.

Sta di fatto però che il “raffreddore” di una Regione robusta si trasforma in una “polmonite” di una Regione ancora convalescente. Pertanto, in presenza di sistemi sanitari regionali ch patiscono sottostime sistemiche di risorse a causa di criteri di assegnazione inadeguati alla copertura dei reali fabbisogni assistenziali, con significative carenze di personale medico ed infermieristico e di cui circa il 50% del loro fabbisogno finanziario dipende dalla perequazione di risorse provenienti in gran parte dalle Regioni richiedenti maggiore potestà quanto a tariffe di remunerazione, a minori vincoli in materia di spesa del personale ed a maggiore libertà di accesso alle scuole di specializzazione, l’autonomia differenziata si tradurrebbe in una vera e propria “transumanza” di pazienti, professionisti e di risorse – e non solo quelle derivanti dal Fondo Sanitario Nazionale – dal Sud verso il Centro-Nord con tutte le conseguenze del caso.

La Campania è la Regione che rischia più delle altre, essendo quella che riceve meno risorse in sede di riparto – rispetto alla media nazionale – e presenta un apparato organizzativo (in termini di medici e infermieri) depotenziato a causa di vincoli legislativi tutt’ora vigenti. Negli ultimi 10 anni, la nostra Regione ha ricevuto circa 3 mld di euro in meno. Nel solo 2023 le minori risorse, rispetto alla media nazionale, ammontano a 300 mln di euro.
I prospetti e i grafici che seguono ne illustrano il dettaglio (Fonte: Delibera CIPESS n. 33 del
2023 – Elaborazione a cura del Dipartimento Salute di ANCI Campania).

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Il Direttore Scientifico e Responsabile del Dipartimento Salute ANCI Campania
Antonio Salvatore

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