Fondo di Solidarietà comunale, non c’è intesa tra Governo e Comuni: contestati i tagli

Fondo di Solidarietà comunale, non c’è intesa tra Governo e Comuni: contestati i tagli

Anche quest’anno la distribuzione dei fondi ai Comuni parte senza la tradizionale intesa con i sindaci. In Conferenza Stato-Città è andato il decreto del ministero dell’Economia che distribuisce fra i Comuni delle Regioni ordinarie e di Sicilia e Sardegna i quasi 7,5 miliardi del fondo di solidarietà alimentato dalle entrate comunali e dalle quote statali per compensare il mancato gettito Imu/Tasi sull’abitazione principale e potenziare asili nido e welfare locale.
Ma i sindaci non hanno concesso l’intesa al provvedimento governativo. A motivare il «no» degli amministratori locali quest’anno non sono tanto i numeri del Fondo, che non mostrano novità rilevanti rispetto alla geografia di quest’anno, ma il contesto in cui emergono le cifre, dominato dalla spending review da 250 milioni aggiuntivi (200 ai Comuni e 50 alle Province) chiesta dalla manovra.

Un taglio, hanno ribadito i sindaci a più riprese, che pesa su bilanci già messi in affanno dalle spese gonfiate per l’inflazione e che insieme ai costi per i rinnovi contrattuali porta a un miliardo di euro il conto 2024 per i soli Comuni. In questo scenario non offrono grandi soddisfazioni gli aumenti del Fondo destinato alle città, determinati dal recupero finalmente integrale dei 560 milioni di tagli temporanei decisi nel 2014.
A Napoli, da sempre destinataria dell’assegno più importante per via della capacità fiscale (gettito tributario in rapporto alla popolazione) più bassa della media, la situazione è poco mossa e vede nel 2024 un fondo da 324,6 milioni, circa 1,1 in più rispetto a quest’anno. Più consistente il balzo a Roma, dove la quota sale a 308,5 milioni dai 267,7 dello scorso anno, mentre a Torino il contatore segna 184,7 milioni, 1,3 in più dello scorso anno. Milano, dove invece la capacità fiscale locale riduce drasticamente la quota “solidale”, attende 21 milioni contro i 18,7 dell’anno scorso.

Sempre ieri in Stato-Città i sindaci sono poi tornati all’attacco sul decreto del 25 luglio scorso che per blindare i tempi di approvazione dei bilanci locali ha chiesto di costruire entro settembre un bilancio tecnico in pareggio e impone una motivazione per sfruttare un’eventuale proroga del termine generale del 31 dicembre. Un po’ a sorpresa ieri il Governo ha espresso parere favorevole a un emendamento presentato dall’Anci al decreto «anticipi» (al momento accantonato) che chiede di rinviare l’applicazione delle nuove regole al 2025. Ma la partita appare ancora aperta.

La seduta è tornata poi a occuparsi degli eterni problemi legati alle elezioni di secondo livello negli organi provinciali, nell’attesa della riforma che reintroduce l’elezione diretta, ma per ora fatica a decollare al Senato. Un atto di orientamento ha indicato di prorogare fino all’estate il voto da parte degli amministratori locali nelle Province che nel turno amministrativo 2024 vedranno rinnovati più della metà dei consiglieri comunali.

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