Cosa resta dello smart working nei Comuni.
Le novità dal 15 ottobre

Cosa resta dello smart working nei Comuni. </br>Le novità dal 15 ottobre

Con l’ultimo DPCM firmato dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, a partire dal 15 ottobre la modalità di lavoro ordinaria della Pa sarà quella in presenza. Si va dunque verso il superamento dello smart working così come concepito per l’emergenza Covid-19. Ritorna, invece, lo smart working così come previsto dalla modalità ordinaria pre-covid. I riferimenti legislativi delle due modalità di lavoro agile sono differenti. Come ci ricorda un articolo del Sole 24 Ore di oggi, quella ordinaria del lavoro agile “è disciplinata essenzialmente dalle leggi 124/2015 (dettata solo per il pubblico impiego) e 81/2017 (che si applica sia nel settore privato, sia nelle Pa), con la connessa direttiva del dipartimento della Funzione pubblica 3/2017. Il lavoro agile nella fase di emergenza è disciplinato dalle previsioni dettate dai decreti legge che si sono succeduti in materia, a partire dal decreto legge 18/2020. Si deve evidenziare che, sulla base delle previsioni dettate dal decreto legge 34/2020, articolo 263, per come modificato dal Dl 52/2021, fino alla entrata in vigore di specifiche disposizioni contrattuale (comunque non oltre il 31 dicembre 2021), il lavoro agile con misure semplificate o in fase di emergenza costituisce una forma di organizzazione del lavoro e di erogazione dei servizi. Inoltre, fino al 31 ottobre (anche se per l’ufficio studi del Senato il termine è prorogato al 31 dicembre dal Dl 111/2021) i lavoratori fragili svolgono in via ordinaria l’attività in modalità agile e, se impegnati in mansioni che non possono essere svolte a distanza, si devono vedere modificati i compiti assegnati.”

Entrando nel concreto delle differenze “lo smart working– si precisa nell’approfondimento a firma di Arturo Bianco- in via ordinaria è teso a garantire il miglioramento della produttività con la conciliazione delle esigenze di vita dei dipendenti e con il miglioramento del benessere organizzativo. Nella fase di emergenza persegue invece scopi di contenimento delle occasioni di contatto e dei connessi rischi di propagazione del virus. Sul versante organizzativo è richiesto che non peggiori la qualità dei servizi erogati, con particolare riferimento alla necessità di garantire il rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti. In via ordinaria il lavoro agile deve essere inserito in uno specifico progetto ed è necessario il consenso dei dipendenti che deve essere contenuto nel contratto individuale, mentre nella fase di emergenza può essere imposto dal datore di lavoro e non è richiesto il collegamento con uno specifico progetto. Quello in fase di emergenza è a termine, mentre quello ordinario può essere sia a tempo determinato, sia indeterminato. E infine, in via ordinaria la preferenza alla destinazione al lavoro agile va data, oltre che ai richiedenti, alle madri nell’anno successivo al congedo di maternità e ai genitori di figli disabili. Nella fase di emergenza, la preferenza è per i lavoratori fragili e per quelli che hanno figli minori che sono in quarantena. Non vi sono differenze sulle regole che presiedono alle modalità di svolgimento di questa attività: il dipendente può utilizzare in modo ampio gli strumenti di flessibilità oraria, potendo l’ente comunque imporre delle fasce orarie in cui deve essere contattabile. Va comunque garantito il rispetto del vincolo orario e della presenza giornaliera.”

Infine, per ciò che concerne le differenze degli istituti contrattuali applicabili: “in via interpretativa è stato stabilito che non sono ammesse penalizzazioni né nel trattamento economico accessorio, né nella valutazione e che le indennità connesse allo svolgimento della prestazione, con particolare riferimento allo straordinario, alla turnazione, alla reperibilità, alla remunerazione delle condizioni di lavoro, sono difficilmente compatibili con questa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Mentre la scelta sulla fornitura dei buoni pasto appartiene alla sfera degli apprezzamenti discrezionali delle amministrazioni.”

 

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